Su un’altura a 434 metri sul livello del mare che domina la Valle del Giovenzano è sorto in epoca medievale questo suggestivo borgo. Sambuci sembra derivare il suo nome proprio dalla pianta di Sambuco che in questi luoghi cresce rigogliosa e che veniva utilizzata in erboristeria e nella tradizione liquoristica monastica. E’ l’origine stessa di questo borgo che è legata indissolubilmente proprio all'affermarsi dell'ordine Benedettino nel Lazio, come ci conferma il primo documento dove viene menzionato Sambuci datato 858 e firmato dall’allora pontefice Nicolò I. Nel “General Privilegio” il pontefice
confermava all'abate Leone di Subiaco i diritti di proprietà su tutti i beni del monastero benedettino, dove tra questi risulta anche Sambuci.
Nei secoli successivi la fenomenale posizione di controllo e dominio della valle sottostante ha favorito lo sviluppo e la crescita, soprattutto in un momento storico di incertezza politica e scorribande e incursioni militari. Tra il XII e XIII secolo la valle dell'Aniene venne segnata dalle incursioni dei Tiburtini e dei Campani, dalle truppe di Federico Barbarossa a quelle di Corrado di Antiochia (fine del XIII sec.). Per questo alture facilmente difendibili come quella di Sambuci hanno subito il processo urbanistico classico di tutta l’Italia Centrale definito incastellamento, e l’aspetto architettonico assunse in questi anni le caratteristiche di nucleo fortificato che ancora risultano chiaramente evidenti e visibili nell’abitato odierno.
È probabile che a seguito di ciò quindi in tale periodo, in seguito a una di queste incursioni, il casale-fortezza e il feudo passassero sotto la dominazione della casa di Antiochia. A testimonianza di ciò rimangono una lapide, conservata nell'atrio del castello che fa menzione della sepoltura di alcuni esponenti della famiglia e un documento degli archivi Vaticani dal quale si apprende che nel 1466 i castelli di Sambuci e Saracinesco passarono ancora in eredità rispettivamente a Giovan Francesco e Mattia, figli del nobile Pietruccio di Antiochia.
Dalla prima metà del 400 Sambuci ripete esattamente il classico schema politico e di controllo di tutti i feudi e i territori dell’allora Stato della Chiesa, con assegnazione periodica del controllo territoriale e politico affidata a potenti famiglie legate da vincoli di sangue o di appartenenza alla
Reggenza papale del momento e molto probabilmente anche i Colonna furono a Sambuci, a testimonianza di ciò rimane una lapide, conservata nel castello, che ricorda la sepoltura della sorella di Papa Martino V e uno stemma di famiglia sulla parete esterna di uno stabile in via dello Scontrone. Sappiamo di varie successioni politiche che dal XVI sec. in poi interessarono la storia di Sambuci passata, con il benestare della chiesa di Roma, sotto il governo di numerose famiglie nobili laziali fra le quali anche i conti Merei, agli Zambeccarri, signori di Arsoli, per essere quindi affidato dallo stato pontificio, intorno agli inizi del 600 alla nobile famiglia romana degli Astalli che governarono il piccolo paese per circa 150 anni con il titolo di Marchesi.
Tra i membri di questa famiglia si distinsero il cardinale Camillo Astalli e suo fratello Tiberio, vissuto a Sambuci alla metà del 600. Con l'avvento degli Astalli, soprattutto di Camillo e Tiberio, si realizzarono dei restauri importanti per migliorare anche alcune interessanti opere architettoniche che diedero un nuovo assetto al paese e avviarono il processo di ampliamento intorno al nucleo medievale. Nella seconda metà del 700, quando si estinse la linea diretta della famiglia, il feudo e il suo castello furono per breve tempo di un certo Giuseppe Compagnoni Marefoschi, per poi passare ai Piccolomini. Finchè nel 1878 gli atti notarili lo vogliono acquistato definitivamente da Don Girolamo Theodoli, figlio della marchesa Laura. I Theodoli, ultimi nobili a Sambuci e signori anche di Ciciliano e S. Vito Romano, incentivarono il lavoro nei campi e promossero la costruzione di mulini per ricavare l'olio e il grano. Vittorio Emanuele III, con un decreto regio del 1926, riconobbe il titolo di marchese di Sambuci a tutti i primogeniti discendenti da Alberto, figlio di Girolamo Theodoli. Alberto entrò in possesso del feudo nello stesso anno della morte del padre e il castello svolse per la famiglia il ruolo di vera e propria residenza di campagna.
Tra il primo e il secondo conflitto iniziò il fenomeno dell'emigrazione che vide molte famiglie trasferirsi a Roma in cerca di occupazioni più sicure e case più confortevoli, per fare ritorno in paese solo d'estate. Tra il 1943 e il 1944 Sambuci, grazie alla sua posizione strategica e di controllo sulle valli sottostanti, subì come moltissimi centri italiani, l’occupazione delle truppe Tedesche che si stanziarono nel castello, nascondendo nel parco i carri armati provenienti dal fronte di Montecassino.
Nel dopo guerra Sambuci si avviò lentamente verso una moderna vita comunale, l'emigrazione rallentò per cedere il posto al pendolarismo. Negli anni 60 le proprietà dei Theodoli furono vendute da Nicolò a una società immobiliare per essere riacquistate dall'amministrazione comunale solo trenta anni dopo nel 1991.
La costruzione del castello nell’aspetto che si conosce oggi è avvenuta in varie fasi tra il XIII e il XVII secolo.L'architettura della facciata nord, su Piazza di Corte, rivela chiaramente due corpi di epoche diverse: una parte...
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